Tramite una ricerca svizzero-americana si è scoperto che le piante hanno un sistema di comunicazione complesso: come funziona.
Facendo parte della specie dominante del mondo, quella che è stata in grado di modificare l’ambiente a proprio favore per facilitare la sopravvivenza della specie ed assumere una posizione di vantaggio nella catena alimentare, si tende spesso a sottovalutare l’impatto e l’importanza delle altre specie per la sopravvivenza stessa. Il motivo principale per cui l’essere umano è riuscito ad avere un ruolo predominante è stato lo sviluppo di un sistema di comunicazione complesso e articolato, in grado di tramandare alle generazioni successive informazioni utili sia al prosieguo della specie che al miglioramento della stessa.
Ma l’essere umano non è l’unica specie in grado di comunicare con i propri simili. Tutte le specie animali hanno un sistema di comunicazione che può essere basato sul suono o sul comportamento. Persino le piante hanno un sistema di comunicazione, così complesso da essere accomunato idealmente a quello virtuale creato sul web per capillarità, velocità di diffusione e portata del messaggio. Che gli alberi e gli elementi che compongono boschi e foreste come funghi, batteri e insetti, possano comunicare tra loro è un concetto noto già da tempo, ma solo di recente, grazie ad uno studio condotto dal biologo Kabir Peay e dal collega Crowther, è tale complessa rete di comunicazione è stata mappata.
Il sistema di comunicazione delle piante: come funziona
Partendo dalla considerazione che gli alberi, grazie a quelli che sono denominati alberi hub e al ruolo di connessione che hanno con i funghi che vi crescono attorno, sono in grado di scambiare informazioni con gli altri della stessa specie per centinaia di chilometri, gli studiosi sono riusciti a mappare la prima rete globale di comunicazione tra alberi, chiamata wood wide web. Attraverso questo studio, i ricercatori hanno mostrato come gli alberi hub, le cui radici sono radicate in profondità nel terreno e si diffondono per la foresta, siano in grado di passare informazioni agli altri alberi della specie ed anche di riconoscere e nutrire i propri eredi. Grazie alla simbiosi con i funghi che crescono nelle loro vicinanze, inoltre, questi arbusti sono in grado di riconoscere le minacce.
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Il passaggio di informazioni tra funghi e alberi è dovuto allo stretto rapporto di simbiosi tra le due specie. I primi, infatti, non sono in grado di svolgere la fotosintesi, in compenso rilasciano micelio nel terreno, per tanto scambiano acqua, minerali e altre sostanze chimiche in cambio di acqua e zuccheri. I due studiosi hanno inoltre individuato le connessioni tra le varie specie di funghi e le specie di alberi. Hanno quindi suddiviso i funghi in due macro tipi: gli arbuscolari che penetrano nelle radici degli alberi e gli ectomicorrizici, che invece colonizzano la zona attorno alle radici.
I primi assorbono l’anidride carbonica e crescono nelle zone tropicali e sono legati alle piante dominanti nel mondo. I secondi invece sono collegati a delle piante che occupano solo il 2% del mondo vegetale, le cui radici però possiedono il 60% dell’apparato radicale. Tale studio permette di capire il ruolo che le specie di piante hanno nel cambiamento climatico. I funghi che contribuiscono all’immagazzinamento dell’anidride carbonica, infatti, sono in declino, mentre in aumento sono quelli che la rilasciano nell’atmosfera.
L’aumento di queste specie porta ad una maggiore emissione di anidride carbonica e ad un’accelerazione del cambiamento climatico. Per questo motivo lo studio di Crowther e la sua consulenza, sono fondamentali per il progetto Onu di ripopolamento delle foreste, per la scelta di alberi da impiantare per contrastare e rallentare il climate change.