Dopo la sentenza della Corte di Cassazione di ieri, Antonio Ciontoli e la sua famiglia sono stati condannati definitivamente e sono già in carcere.
Ciò che è emerso inoltre dalla verità processuale appurata in questi 6 anni è che proprio questo ritardo nella richiesta di soccorso e le omissioni sono state le cause della morte del giovane. Il ritardo nei soccorsi, infatti, è quello che ha portato ad una morte per dissanguamento di Marco Vannini. L’averlo causato volontariamente ha fatto sì che l’accusa diventasse da omicidio involontario a omicidio volontario e che il ruolo dei familiari fosse giudicato concorso in omicidio, giudicato “anomalo” dalla Corte d’Appello bis e “semplice e attenuato dal ruolo minimo e causale” dalla Corte di Cassazione.
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Già al processo di Appello Bis, infatti, Antonio Ciontoli era stato condannato a 14 anni per omicidio volontario, mentre i familiari a 9 anni e 4 mesi per concorso in omicidio. Il pg ieri mattina aveva chiesto ai giudici che confermasse le condanne poiché: “Tutti mentirono. Tutti hanno tenuto condotte omissive e reticenti”. Nonostante sia stato modificato il ruolo dei familiari nel concorso in omicidio, ieri la Corte Suprema ha confermato tutte le condanne.
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La sentenza è immediatamente attuativa, il che significa che Antonio Ciontoli e famiglia sono stati portati in carcere subito dopo la pronuncia della Cassazione. Una sentenza che ha fatto urlare di gioia gli amici e i parenti di Marco Vannini in attesa fuori dall’aula di tribunale, oltre ovviamente ai genitori che in questi anni hanno lottato per fare emergere la verità e ottenere giustizia per quanto capitato al figlio. La madre di Marco, Marina, al termine dell’udienza ha dichiarato: “Gli avevamo promesso un mazzo di fiori se fosse stata fatta giustizia e domani è la prima cosa farò. Ci abbiamo creduto fino alla fine. Ora giustizia è fatta”.
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