Università occupata a Genova e scontri tra studenti: cosa sta succedendo

Per capire le ragioni degli scontri e dell’occupazione dell’Università genovese, la redazione ha voluto sentire entrambe le parti.

Dallo scorso 19 aprile il collettivo Come Studio Genova ha occupato la sede del Dipartimento di Scienze della Formazione del capoluogo ligure, in Corso Podestà 2. Quella che inizialmente sembrava un’occupazione largamente ignorata, però, ha attirato negli ultimi giorni l’attenzione di testate giornalistiche come La Repubblica ed Il Secolo XIX. Gli studenti del Dipartimento di Scienze della Formazione sono divisi: tra loro c’è chi apprezza l’occupazione e chi si è schierato contro il collettivo. Come mai?

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Per capire meglio cosa sta succedendo a Genova bisogna sapere le motivazioni di entrambe le parti. Per questa ragione la nostra redazione ha contattato sia il collettivo Come Studio Genova che Alessio Zizzi (studente del DISFOR e referente del partito Azione).

L’università liberata – il collettivo Come Studio Genova ed i suoi sostenitori

Il collettivo Come Studio Genova ha preferito non mettersi in contatto con la nostra redazione, non rispondendo alla nostra richiesta di un’intervista. Dopo che alcune immagini dell’interno dell’università sono circolate online, gli occupanti sono stati accusati di atti vandalici all’interno della struttura da loro occupata. “In merito alle accuse circa i presunti vandalismi perpetrati in ufficio tesi” hanno scritto i rappresentanti di Come Studio Genova sulla loro pagina Facebook, “presentiamo la prova della sua reale incolumità interna“. Sotto al post si può trovare un video della stanza, intatta.

Screen dal video pubblicato sulla pagina Facebook di “Come Studio Genova”.

Non è la prima volta che il collettivo si trova a doversi difendere online. “Stiamo venendo accusati di interruzione di pubblico servizio“: così inizia il post pubblicato sulla pagina Facebook di Come Studio Genova il 26 aprile. “Stamattina è in corso la prima lezione in presenza dei dottorandi. Ma stiamo venendo accusati di interruzione di pubblico servizio. In questa settimana vari docenti porteranno qui i loro corsi. Ma stiamo venendo accusati di interruzione di pubblico servizio. La logica che sta usando la Governance universitaria per intimorirci non fa che darci ancora più forza. Per noi non si è mai trattato di rientro, noi vogliamo un’università diversa: dove il merito non sia strumento di dominio, dove i fondi siano ripartiti equamente alle università, dove la logica aziendalistica sia smantellata una volta per tutte. L’interruzione di pubblico servizio è avvenuta l’8 marzo 2020, e avviene da 30 anni ogni volta che tagliate, schiacciate e opprimete il welfare pubblico. Rivoluzione in presenza! Università liberata“.

Alcuni studenti del DISFOR, nonostante l’occupazione, usano regolarmente l’aula studio e la biblioteca da quando l’università è stata occupata. La redazione ha parlato con una ragazza (che viste le tensioni correnti preferisce rimanere anonima) che ha visto in prima persona cosa succede in Corso Podestà 2. “Io, da parte mia, è da quando è iniziata l’occupazione che vengo in università praticamente tutti i giorni, ma d’altro canto non faccio parte del collettivo che ha avuto l’idea iniziale, quindi non mi sento in grado di poterti dire esattamente come stanno le cose” ha scritto la ragazza. “Quello che posso dirti è che, per quanto i giornali e varie persone stiano tentando di disegnare questa occupazione solo come un pretesto giovanile di fare casino, in realtà non sia così“. Una delle più grandi accuse mosse da coloro che non sono a favore dell’occupazione è quella di aver organizzato una festa all’interno della struttura durante la serata dello scorso sabato 1 maggio. I video che sono circolati online di quel giorno mostrano ragazzi che ballano senza mascherine. “Siamo dei ragazzi di vent’anni, ed era da un anno e mezzo che non avevamo la possibilità di poterci anche un po’ svagare e dimenticarci per un attimo tutta questa situazione” ha detto la studentessa con cui siamo entrati in contatto. “Sono d’accordo sul fatto che l’evento di sabato si potesse evitare, neanche a me è parsa una buona idea. C’è anche da dire però che è successo una volta sola e che non ci sono state gravi conseguenze. Ma questo secondo me non è importante. Non credo sia giusto focalizzarsi sempre e solo su pochi aspetti negativi come quello di sabato“. Online adesso circola un video della terrazza del DISFOR, vuota.

Video recente della terrazza vuota.

L’occupazione che ho visto io non è solo il ‘party’ in terrazzo, ma molte altre cose: conferenze, dibattiti, assemblee, workshop e tutto ciò in uno spazio dedicato a noi, pensato per noi, ma, soprattutto, gestito da noi. Durante tutti questi eventi le distanze di sicurezza sono state rispettate, le mascherine sono state indossate e alla fine gli spazi usati sono sempre disinfettati e igienizzati. Sono state aperte diverse aule studio in modo da poter finalmente trovare un posto a sedere e poter studiare, cosa che, inoltre, raramente mi è successa durante il triennio, anche senza covid. All’interno di ogni aula le persone rispettano le distanze, sedendosi lontani uno dall’altro e indossando la mascherina e sono sempre presenti disinfettante e gel igienizzante, in modo da poter sanificare poi il proprio posto a sedere, e delle mascherine in più, nel caso qualcuno ne avesse bisogno“. In merito agli atti vandalici all’interno del DISFOR, la ragazza fa notare (così come molti altri) che questi sono effetti collaterali di ogni protesta. “Con questo non voglio dire di reputarmi a favore, anzi, sono totalmente contraria, e lo sono anche i membri del collettivo, che, quando ne hanno avuto la opportunità, si sono mossi per poter allontanare e fare uscire le persone che avevano svolto questi atti“. Il messaggio della studentessa si conclude così: “queste situazioni le ho vissute e mi sento di poterne parlare in maniera più oggettiva rispetto a qualcuno che qua dentro non è mai entrato e che ne parla per sentito dire o per quello che ha letto sui giornali“.

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L’università umiliata – l’intervista con Zizzi, referente universitario di Azione

Alessio Zizzi è uno degli studenti del DISFOR che più si è esposto nell’opposizione al collettivo che sta occupando Corso Podestà 2. Zizzi non è solo una matricola genovese: è il referente di Azione, gruppo politico che con un comunicato si è recentemente schierato dalla parte degli studenti che vogliono tornare in università. Il comunicato stampa da lui redatto a nome di Genova in Azione è stato pubblicato parzialmente da Genova24. Nella conclusione, il partito si schiera con gli studenti che vorrebbero terminare l’occupazione. Di seguito, l’intervista con Alessio Zizzi.

Cosa sta succedendo?

Il 19 di aprile quelli del comitato Come Studio Genova hanno occupato la sede del DISFOR in Corso Podestà 2.

Perchè l’occupazione dell’università è un problema? C’è chi dice che a causa del Covid non si potrebbe fare lezione comunque.

Noi rispettiamo le regole, loro no. Noi non facciamo assembramenti, loro sì. Perchè occupare uno spazio rompendo le regole? Gli studenti non la mettono sul piano di ‘hanno ragione’ o ‘non hanno ragione’… a noi interessa rientrare a fare le cose in presenza, e loro ce lo stanno impedendo. Poi se loro se ne vanno e non si può tornare in presenza, allora la palla passerà all’Università.  

In molti online hanno fatto notare che l’occupazione non impedisce agli studenti di entrare nell’università. Chiunque può accedere lasciando nome, cognome e numero di telefono.

Il problema è che l’università è un’istituzione. Deve seguire regole e protocolli. Il principio fondamentale in una struttura pubblica è la sicurezza: in questo momento per garantirla servono spazi totalmente sicuri, sanificati. Per il DISFOR è una situazione complicata… ci sono passaggi stretti, poche aule grandi. Quindi loro [il comitato Come studio Genova, ndr.] non impediscono alla gente di entrare: impediscono le lezioni. Tralasciando che per entrare devi lasciare la firma, ma quello serve per il tracking…

 Perché secondo te proprio il Dipartimento di Scienze della Formazione?

Il DISFOR è stato preso per la sua posizione centrale, a differenza di quello che dicono alcuni. Uno di loro [del comitato ndr.] mi ha contattato e mi ha detto che hanno scelto il DISFOR  per una questione di posizionamento. Poi immagino anche perché comunque ora dopo le 22 non si può uscire e lì è tutto al coperto, tutto al chiuso… poi ha una bellissima terrazza dove fare i dj set.

Sulla loro pagina Facebook, Come studio Genova ha fatto notare che alcuni professori hanno fatto lezione comunque.

Alcuni professori hanno svolto le attività, sì… come volevano loro e senza i protocolli. Poi è successo il fattaccio.

Ecco, parliamone. Circola online il video di una festa del primo maggio, sul terrazzo del DISFOR.

Il primo maggio è stato un fattaccio… il video l’avete visto voi, l’ho visto io, l’ha visto il mio partito, l’hanno potuto vedere i giornali. Lo sa la Regione, lo sanno le Forze dell’Ordine. Quello che è successo? Praticamente un mezzo rave. L’università bloccata da persone che non rispettano assolutamente le istanze… è stato mandato un altro video di cinque secondi per far vedere che oggi non c’era gente. Cosa vuol dire? Il problema è che quella volta c’era.

università occupata
Screenshot dal video del 1 Maggio (originariamente pubblicato come storia su Instagram).

L’interesse mediatico è nato proprio in seguito alla pubblicazione del video.

Questa cosa ci ha umiliato molto, come studenti e come cittadini. Molta più gente dopo aver visto il video si è schierata contro gli occupanti. Mi dispiace che alcuni professori siano ancora dalla parte di queste persone, ma questa è un’opinione personale. Io ho dato una mano a scrivere un’istanza. Forse è stata un po’ debole, ma quello che si poteva fare lo abbiamo fatto.

Torniamo al video: se l’hanno davvero visto tutti, perché non è intervenuto nessuno?

Solo tre persone possono intervenire: il rettore, Marco Bucci e Giovanni Toti. La polizia queste cose le ha viste, ha visto i giornali. Non sono intervenuti perchè non vogliono farli passare per martiri. 

Si è parlato molto anche di atti di vandalismo, ne sai qualcosa?

Ora sta a loro: all’interno dell’università ci sono dei danni. So di porte danneggiate, di vetri rotti, di scritte sui muri del dormitorio… E’ triste, perché l’università dovrebbe essere un luogo di ricerca e di cultura. Tra l’altro hanno la responsabilità di ciò che succede all’interno, danni compresi. E’ inutile che gli occupanti dicano ‘ah, le persone che hanno rotto il vetro sono state allontanate’. Questo io non lo posso sapere… nel momento in cui occupi ti assumi la responsabilità politica, giuridica e morale di quello che avviene.

Ti sei molto attivato, sia come studente che politicamente.

Ho presentato un comunicato stampa, l’ho redatto. Il diritto alla protesta deve essere garantito in uno stato democratico. Questo diritto però deve essere accompagnato dal rispetto delle norme sanitarie, perché la sicurezza e la salute vengono prima di tutto. Come studente, all’inizio avevo aiutato a scrivere una lettera per chiedere di rientrare in presenza. La questione era ‘ehi, fateci rientrare nella nostra università’. Quella lettera è stata scritta con il supporto di diversi professori. 

E’ stato proposto un colloquio tra gli studenti e gli organizzatori, per arrivare ad una decisione comune.

E’ stato detto che forse è il caso di rifiutare, e io sono d’accordo. Quando hanno chiesto a me di andare e confrontarmi ho detto che non ci sarò, principalmente per due motivi. Uno, la questione sanitaria. Due, è anche una questione di opportunità politica: se mi presento io, loro possono dire che si è presentato un partito politico a parlare con loro, e questo voglio assolutamente evitarlo. C’è poco da dialogare. Il confronto con la rappresentante non ci sarà.

In che senso non ci sarà un confronto?

Il confronto lo dovrà fare la direttrice. Gli studenti hanno fatto fin troppo: io personalmente sono finito su due giornali. Forse di più, non so se ne pubblicheranno altri. E’ il DISFOR che ci dovrebbe pensare ora. 

Alcune delle fotografie condivise dal Dipartimento di Scienze della Formazione.

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Un incontro pacifico in università

Sabato 8 maggio è stata organizzata una riunione così che i professori ed i rappresentanti degli studenti possano arrivare ad punto d’incontro con il collettivo Come Studio Genova. Gli organizzatori hanno invitato chiunque sia interessato ad un dibattito pacifico a presentarsi in Corso Podestà 2 alle 10:00.

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