Tra il 1º gennaio 2018 e il 31 maggio 2019 hanno venduto 150mila tonnellate di gessi di defecazione spacciati per fertilizzanti
“Io ogni tanto ci penso, cioè, chissà il bambino che mangia la pannocchia di mais cresciuto sui fanghi”. Chi c’è dall’altra parte del telefono risponde: “Non è vero che non avete fatto male a nessuno, perché l’ambiente l’avete disintegrato voi”. Sono i passaggi della conversazione riguardante alcuni dei 15 indagati a Brescia per il caso dei fanghi utilizzati come concime per i campi di coltivazione. Nello specifico si trattava di coltivazioni di mais. Tra il 1º gennaio 2018 e il 31 maggio 2019 hanno venduto 150mila tonnellate di gessi di defecazione spacciati per fertilizzanti. Una terra dei fochi lombarda.
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Brescia e i fanghi tossici, la terra dei fuochi lombarda
Secondo il giudice delle indagini preliminari, come si legge su il fatto quotidiano: “Carucci anche per le sue competenze tecniche, non ignorava il grave pregiudizio per l’ambiente e la salute umana cagionato dallo sversamento degli pseudogessi di Wte. Però, lungi dal rimeditare la sua condotta e vergognarsene, ne faceva argomento per battute sarcastiche con i suoi interlocutori al telefono”. In merito viene citato dal fatto quotidiano quetso passaggio di una conversazione oggetto delle indagini: “Lo facciamo per il bene dell’azienda” e un altro replica ridendo: “Siamo talmente aziendalisti da non avere più pudore”.
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Sempre secondo quanto riportato da Il fatto quotidiano: “È lo stesso dipendente dell’azienda bresciana che si spendeva anche in prima persona per contattare, con insistenza, i singoli agricoltori più diffidenti per persuaderli ad accettare lo spandimento dei fittizi gessi di defecazione di Wte srl sui propri terreni”. Gli indagati sono 15 in quella che è una vera terra dei fuochi lombarda a Brescia.