In tre anni dal disastro Mondiale al trionfo europeo. Mancini principale artefice di una rinascita vincente: le chiavi
Vincere è sempre grandioso, entusiasmante, bello. Lo è di più se si va a vincere contro i favori del pronostico iniziale e in casa di una delle favorite, in uno degli ambienti più affascinanti e nello stesso tempo difficili. L’Italia è riuscita nell’impresa, a soli tre anni dal disastro del Mondiale mancato. Il gruppo è a grandi linee lo stesso, è cambiato il timone. Roberto Mancini è stato il vero artefice di questa vittoria. Il tecnico di Jesi è stato bravo a trovare la ricetta giusta e anche fortunato al momento giusto, perchè senza è difficile qualsiasi traguardo.
Mancini aveva ereditato una situazione disastrosa. La partecipazione al Mondiale mancata allo spareggio con la Svezia ma probabilmente persa già prima. La prima chiave, quella più importante, è stata quella di creare le basi di un gruppo. Affinchè tutti diano tutto è fondamentale avere un gruppo cementato, coeso come in ogni sport di squadra. Come ha fatto Mancini a creare le basi? Ha rigettato le formule tradizionali di tanti suoi predecessori. Niente condizionamenti esterni sulle convocazioni, in Nazionale va chi è meritevole. Il tutto a prescindere dalla squadra in cui si gioca. Ecco che Berardi e Locatelli si sono trovati protagonisti della Nazionale, due giocatori del Sassuolo, in quanti ct avrebbero fatto la stessa cosa?
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Il tecnico ha respinto anche vecchi discorsi sui blocchi delle squadre maggiori. Niente “clan” provenienti dalle squadre dei club, il gruppo è unico, si fa a Coverciano, si chiama Italia. Su questi due capisaldi si è potuto cementare il gruppo, l’unione, che è stata la vera forza dell’Italia, come a Berlino nel 2006. Mancini, così facendo, ha evitato che si creassero presupposti divisivi sin dall’inizio con la logica dei blocchi e facendo privilegiare la squadra di provenienza innanzitutto.
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Poi il gioco. Da buon ex fantasista e consapevole di non avere quel fuoriclasse in grado di risolvere le gare da solo, il Mancio ha puntato alla costruzione del gioco, senza tuttavia perdere l’equilibrio tattico. Infine, quel pizzico di buona sorte che occorre sempre per i grandi traguardi. Stavolta i rigori sono stati favorevoli…
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