Perchè i bambini sembrano avere una strana inclinazione per lo spogliarsi? Impariamo a leggere correttamente il loro rifiuto per i vestiti.
Quella tendenza a togliersi le scarpe prima ancora di varcare la porta o a considerare slip e canottiera un abbigliamento adeguato a tutte le occasioni. E’ la strana idiosincrasia che molti bambini dimostrano nei confronti dei vestiti.
La dottoressa Mariolina Ceriotti Migliarese, neuropsichiatra infantile, psicoterapeuta e autrice di diversi libri sul tema della famiglia ha cercato di spiegare lo strano fenomeno in un’intervista rilasciata a nostrofiglio.it.
I comportamenti dei bambini vanno infatti letti alla luce dell’età del bambino e del contesto in cui il comportamento si manifesta.
“Pretendere di scegliere da solo quello che vuole e opporsi alla volontà dell’adulto sono dunque a questa età la manifestazione fisiologica di un passaggio di sviluppo, e sta a noi genitori affrontarla nel modo migliore per evitare che si trasformi in una modalità prepotente e tirannica.”
Cerchiamo di capire meglio di che cosa stiamo parlando.
Perché i bambini hanno un rifiuto per i vestiti?
Molti genitori si preoccupano nel notare la fatica che i propri figli fanno nel rimanere vestiti in casa e molti altri intraprendono lotte senza quartiere ogni mattina, quando arriva il temuto momento di vestire i piccoli.
“Tutti i comportamenti hanno una valenza comunicativa: per migliorare la relazione con i nostri figli dobbiamo cercare di dare un senso al loro comportamento, anche quando ci disturba; solo così potremo agire poi nel modo migliore. Se non comprendiamo quello che succede, spesso si instaura con il bambino un braccio di ferro nel quale siamo destinati ad avere la peggio”
Il primo collegamento da mettere in atto è con il periodo in cui i bambini iniziano a manifestare una prima affermazione della loro identità.
Si tratta di quel momento in cui le parole chiave del bambino sono io, no, mio: il bambino cerca di affermare la propria volontà contrapponendola a quella dei suoi genitori, un atteggiamento che si manifesta nei confronti del cibo, del sonno e ovviamente dell’abbigliamento.
“Per un bambino così piccolo, vestirsi la mattina significa prepararsi per uscire e andare all’asilo; stare in pigiama, in mutande o senza le scarpe significa invece rimanere a casa, come si fa nei giorni in cui non c’è l’asilo e magari neanche il lavoro di mamma e papà. Purtroppo poi alla mattina i genitori hanno spesso fretta, una fretta legittima ma poco comprensibile ai loro bambini, che gradirebbero tempi più lenti e un’atmosfera più serena.”
Importante è dunque tenere sempre presente che è un bambino la persona con cui si ha a che fare, non la versione mini di un adulto ma una persona con diversa impostazione mentale:
“Insomma, contiamo sulla ragionevolezza del nostro interlocutore, che al contrario, proprio per le caratteristiche della sua età, è tutto meno che ragionevole; questo atteggiamento di costante contrattazione dà al bambino l’idea che il suo e il nostro parere abbiano lo stesso peso, e lo rinforza nel braccio di ferro che ha ingaggiato con noi”
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La prima ipotesi da prendere in seria considerazione è dunque che il bambino stia protestando perché non vuole uscire o perché il nostro modo di farlo vestire è nervoso e affrettato. In questo caso sarà bene cercare di prendersi un po’ più di tempo, godendosi la colazione insieme, qualche coccola e dei saluti come si deve.
Ci sono poi alcuni semplici trucchi per allenare le buone abitudini. L’obbiettivo primario è infatti di evitare il sopraggiungere dello contro e lo si può fare spostando l’attenzione del bambino. Verso dove? Ad esempio una gara: ai bambini piacciono le sfide e le gare, amano contare il tempo necessario per vestirsi e magari tentare di battere dei record.
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Infine ricordate che il momento del vestirsi è ottimo per allenare la capacità del bambino nel compiere delle scelte, a patto però di saper porre le giuste domande.
Mai chiedere “vuoi vestirti?” perché il bambino penserà, e anche a giusta ragione, che la risposta “no” sia lecita. Poniamo allora domande mirate, ancor meglio se con una scelta ben circoscritta che non risulti dunque dispersiva: non chiediamo allora “che cosa vuoi metterti?” e optiamo per un più pragmatico “preferisci il maglione blu o quello verde?”. Ne guadagneremo noi e anche il nostro piccolo.