Il cocktail dress ad oggi è ampiamente conosciuto e indossato per look versatili, ma conosci la sua storia? Non immagini quanto sia ricca di dettagli!
Ad oggi il cocktail dress, conosciuto semplicemente come abito da cocktail, appartiene a quel dress code delle situazioni eleganti ma non troppo formali. Ideale per il Sabato sera o il Venerdì al ristorante con il proprio partner, per una festa privata arrivando persino a inviti come lauree, cresimi, battesimi e matrimoni.
Sdoganato ovunque e appartenente nel modo più assoluto alla cultura fashion di tutti gli anni 2000, la sua è una storia molto interessante, ricca di dettagli e sfaccettature. Mentre ad oggi il cocktail dress può seguire i trend di stagione, varie tipologie di tessuto per corrispondere al caldo o al freddo, ai suoi esordi in tema abbigliamento rispettava e doveva assolutamente farlo alcuni canoni estetici ben predefiniti.
Perché quindi non scopriamo insieme l’incredibile storia dell’abito da cocktail? Vi conquisterà già dalle prime righe di lettura!
Per poter parlare dell’attuale abito da cocktail bisogna fare un piccolo viaggio nel tempo. I primi modelli risalgono addirittura agli inizi del 900, quando l’idea dell’abito lungo signorile iniziava a star ‘stretta’ ad alcune donne un po’ più ribelli e libertine. Tuttavia l’anno padre per eccellenza del cocktail dress sarà il 1920. In quegli anni il proibizionismo abbracciava diversi campi della società, compreso quello che riguardasse il divertimento e la distrazione.
Venne imposto il divieto assoluto non solo di vendere alcolici, ma di berli in pubblico o all’interno dei classici pub e club. Ben presto quindi le bevande alcoliche vennero segretamente vendute di contrabbando tramite la malavita statunitense, in particolare all’interno delle case borghesi. Le donne, prima ancora della legge proibitiva sugli alcolici non potevano bere in pubblico, soprattutto davanti agli uomini.
In epoca proibizionistica invece erano spesso quasi costrette a dover partecipare alle riunioni casalinghe poiché presenziavano davanti a colleghi ed amici dei mariti. Proprio in queste occasioni le donne iniziarono ad essere accettate e da qui nascerà il famosissimo abito da cocktail. Il cocktail dress tuttavia doveva rispettare alcuni canoni estetici ben precisi affinché potesse essere indossato per presenziare alle ‘bevute formali’ casalinghe, in particolare doveva avere le stesse misure di una tenuta da lavoro, vedendo quindi comodità e casualità, aggiungendo l’eleganza di un abito lungo, che però in contesti simili risultava troppo impegnativo.
Ecco che quindi iniziano ad essere indossati alcuni tubini con lunghezza sino al ginocchio, a volte poco più, a volte poco meno, con scolli a barca, rotondi sul seno e spalline sostenute, arricchendo gli orli con frange, piumaggi e bolerini delicati. Gli anni 20 furono quelli per eccellenza dello sviluppo del jazz, pertanto lo stile musicale condizionò altamente l’idea del cocktail dress. Anche dopo il proibizionismo, l’abito da cocktail non smise di trasformarsi, difatti nei vari uffici verso le 17 molto spesso veniva istituita la cocktail hour, un momento di ritrovo tra colleghi in cui uomini e donne potessero gustare i drink. Se per gli uomini valeva la regola dello stesso abito da lavoro, per le donne invece ciò non avvenne. Ecco perché diverse stiliste iniziarono a disegnare alcune tipologie di abiti che rispettassero i canoni estetici delle mise quotidiane, arricchendo ogni dress con dettagli in pizzo, in macramè o merletti.
L’abito da cocktail diventerà quindi una vera e propria istituzione nel dress code festaiolo, arrivando agli anni 70/80 in accezioni coloratissime, luccicanti, spesso kitsch ed esagerate. Tornato alla ribalta in questi ultimi anni della generazione 2000, si conferma come must have per eccellenza degli abiti non troppo formali, garanti quindi di stile, portamento e sensualità femminile. Il cocktail dress è l’evergreen di ogni festa a cui ancora ad oggi non si può rinunciare.
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